Partire per l’Africa, questa cosa a cui ho sempre pensato…Organizzare il quando, dove, con chi… Mi sembra una cosa tanto distante ed a tratti irrealizzabile.
Poi parlo con una mia carissima amica e collega, mi illustra quello che fa MAM, penso che poi il mio sogno non è così irrealizzabile…
Contatto Ludovica, persona da subito disponibilissima, che mi illustra la “mission” dell’associazione e senza troppi pensieri si parte.
Mille domande, mille aspettative, pensieri su pensieri…
E’ il 4 novembre, si parte… Valigie piene, di farmaci, pannolini, kit e tanta voglia di fare…
Arrivata in Africa, continente immenso, temperatura fantastica, persone diverse, stili di vita neanche lontanamente paragonabili ai nostri.
Dopo un fantastico viaggio in jeep con l’autista Paolo arrivo finalmente alla missione, la clinica dove trascorrerò le prossime 3 settimane.
Lì ho avuto subito modo di incontrare le persone fantastiche che hanno fatto parte della mia “vita africana”.
Alice, la collega e confidente che mi ha supportata e sopportata, lei è stata un punto di riferimento e di appoggio non indifferente, durante la nostra attività lavorativa e non.
Una persona capace, con la quale ho condiviso risate, lacrime, preghiere e paura durante alcune nottate trascorse in clinica.
Come mi diceva Ludovica prima di partire, “avere una persona con cui condividere l’esperienza è fondamentale”, mai parole furono più azzeccate!
Suor Marta, chi avrebbe mai detto che in una persona così fisicamente minuta si nascondesse la grande forza di donna che è! Fantastica… SEMPRE presente, factotum della situazione, presenza discreta ma capace di esserci in ogni momento di bisogno.
Suor Maria, soprannominata “Sister Act”, con lei abbiamo fatto delle gran risate, giocato con i bambini, sorriso con loro, messo le scarpine a chi non le aveva,…Fantastica!
E Suor Francesca, la nostra colonna, una donna come ne ho conosciute poche…
Il suo modo di lavorare, di fare, di rifare, nonostante tutto.
L’impegno che investe nella clinica e in tutte le attività ad essa legate è indescrivibile.
I momenti condivisi insieme resteranno per sempre impressi nella mia mente e nel mio cuore. Gioire insieme per una nuova nascita, medicare un bambino caduto, pesare i piccolini, dare la farina alle mamme, correre di notte verso la clinica non sapendo cosa ci aspettasse, le sue fantastiche traduzioni dall’amarico all’italiano per permetterci di entrare in contatto con le donne.
Che dire, una GRANDE DONNA!
Potrei scrivere delle pagine ancora, troppe cose, troppe cose diverse dalle “nostre”, troppe persone, ma cercherò di sintetizzare quelli che sono stati i momenti che non scorderò mai di questa fantastica esperienza.
Le mattinate passate in ambulatorio a visitare queste donne bellissime, sempre sorridenti…
Non avevamo grandi mezzi e anche comunicare era difficile ma vedere il sorriso sul loro volto quando sentivano il battito cardiaco del loro bimbo non aveva prezzo!
Assisterle in travaglio, mentre camminavano in giardino, ballare con i familiari per la nascita di una nuova vita, con tanta voglia di essere di aiuto ma anche con la paura di noi “operatori sanitari” con pochi mezzi a disposizione, sperare che quel bambino una volta uscito piangesse bene! Che momenti!
Non sono mancati momenti difficili, di paura vera, quella che non riesci a descrivere, quella che forse non avevo mai provato prima; più che paura forse impotenza, il capire veramente quanto siamo piccoli e insignificanti, quanto anche la nostra “preparazione”, le nostre università, i nostri corsi di formazione ECM, non servano a niente! Lì ti verrebbe voglia di mollare, ti chiedi “chi me l’ha fatto fare?”, correre a 130 Km/h su una jeep, in mezzo al nulla, rianimando la madre di sei figli stando inginocchiata sul sedile. Neanche in un film…Eppure ero io, li, DOVEVAMO salvarla!
E così è stato, la forza della disperazione la chiamo io…
Passare poi i pomeriggi a riordinare il materiale in clinica, a visitare pazienti allettati con Suor Francesca nelle capanne, le lunghe camminate sotto il sole, le cascate, i bambini che ti corrono incontro sorridendo e gridando “caramella”, i babbuini, ballare con Suor Maria, il caffè, l’Engera, i sorrisi, gli abbracci, le docce ghiacciate, la corrente che saltava, i guardiani della clinica, Mituku (il fantastico ragazzino – guardiano), Pedro, l’alza-bandiera nel cortile della scuola la mattina prima di iniziare le lezioni, il sole, le sere stellate…. Wow, troppe cose!
Solo chi lo ha vissuto e ci è stato può veramente capire tutto ciò, la spensieratezza e la serenità negli occhi di quelle persone, nonostante tutto…
Tutti loro, ogni singola persona che ho incontrato, mi ha regalato un’emozione, un ricordo, uno sguardo che non dimenticherò mai.
Ringrazio Ludovica e tutto il direttivo per avermi dato la possibilità di realizzare tutto ciò, davvero.
Con grande riconoscimento ed ammirazione per quello che fate, nonostante le innumerevoli difficoltà!
Valeria
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