Noemi alla nascita pesava 4,2 kg. Gravidanza splendida, parto normale con le classiche 12 ore di travaglio con annessi e connessi ed ecco che mi appoggiano al petto questo fagotto urlante. Le occhiate che si diedero le infermiere in quel momento ovviamente sul momento non riuscii a notarle. Ero troppo concentrata sulla sutura che il ginecologo mi stava facendo. C’era però qualcosa che non andava. Noemi era a macchie, non proprio nella normalità. Solo dopo mi spiegavano che era più corretto chiamarle angiomi piani. Sul viso, sulla pancia, sulla schiena, un po’ ovunque. Se poi avesse pianto si sarebbero accesi come un neon. La più evidente era viola. Proprio tra il naso e il labbro superiore della bocca.

E così quello fu il primo giorno che mi portò a conoscere una malattia rara. Dove le macchie in realtà sarebbero state il problema minore. I medici dell’ospedale volevano capire, ma l’unica a non capire ero io. Lei era così normale!

Nei giorni dopo iniziarono con ecografie, tac, risonanze, elettroencefalo, prelievi vari. Angiomi piani esterni e interni alle meningi con calcificazioni.  Dopo 10 giorni dalla nascita arrivò la diagnosi: sindrome di Sturge Weber. “Sua figlia non sarà mai normale”, “verrà sempre etichettata”, “non ne conosciamo bene l’evoluzione, crisi epilettiche, convulsioni, ritardi”. Sentendomi dire queste cose non so come ho fatto a non perdere il latte. Solo dopo diversi anni saprò che la diagnosi era sbagliata.  Quindi, per almeno 2 anni, si susseguirono controlli mirati a capirne l’evoluzione, ma Noemi cresceva benissimo senza nessun problema. Sempre per 2 anni non la lasciai mai a nessuno, neanche alle nonne. Il rischio che potesse avere una crisi epilettica era alto. E se fosse successo, loro non sarebbero state in grado di gestirla. Veramente neanche io forse, vivevo con la videocamera sempre in vista. Mi avevano detto che in caso di un minimo cenno di epilessia o convulsioni avrei dovuto fare un video.

Comunque, passano i mesi e lei sta benissimo. Quindi cerco di non pensarci. E diciamo che a momenti riesco anche a dimenticarmi di ciò che mi era stato detto alle dimissioni.

Camminerà da sola con un po’ di ritardo. Era come se faticasse a trovare l’equilibrio. Ma niente che destasse dubbi.

A 18 mesi circa, noto che ha una gambina più gonfia dell’altra. Strano, nessun medico aveva mai visto nulla. Eppure, era così. Aspettiamo, sarà la crescita. Aspettiamo, a volte succede. Ma nulla, continua ad essere così. Iniziamo quindi a fare dei controlli per capire il motivo: si chiama dismetria o iper-accrescimento. Fino ai 7 anni riusciamo a gestirla bene. In fondo lei non aveva ancora particolari esigenze estetiche per le scarpe. Mettevano un rialzo e il gioco era fatto. Ad un certo punto realizzo che la crescita della gamba destra è di mezzo centimetro in più all’anno rispetto all’altra. Il plantare non basta più. Senza ha il bacino completamente sbilanciato. Iniziamo quindi la ricerca di un ortopedico pediatrico. Bisogna intervenire per bloccare la crescita della gamba.

Ci cambiano nome della sindrome. Ci dicono che Noemi ha la Beckwith-Wiedemann. Sinceramente non mi interessava il nome. Ma perché ha una parte del corpo che cresce di più? Oppure, quale è la parte sana e quella malata? È la destra la parte più grande o la sinistra più piccola?

Persone o famiglie con questa problematica non ne conoscevo. Ci sentiamo rari, anzi unici. Su internet qualche altro caso si trovava, ma mai in Italia.

Stufa dei commenti e delle domande stupide sull’argomento angioma viola in viso (bevuto troppo vino quando era in pancia? Il tenore era questo) già anni prima proviamo a fare dei trattamenti laser con ottimi risultati, facendolo quasi sparire.

Ma ora? Come faccio ad evitare le domande scomode sulla gamba che sembra gonfia? Dovrà sempre mettere i pantaloni? Ovviamente dei leggings neanche per idea. Niente pantaloncini, minigonne. E in costume? E in spiaggia? Senza rialzo ha il bacino storto e si vede che un fianco è più grande.

E quando sarà lei a chiedermi il perché le altre son diverse, anzi, le altri son normali, come la sorellina? Ha 7 anni e nessuno ha ancora saputo rispondere. Un ortopedico pediatrico ci dice “eh, ha una gamba più grande dell’altra”. Beh, fino a qua lo sapevamo già anche noi. Un altro medico che doveva essere un luminare “ci sarebbe un intervento, si blocca la crescita della gamba malata, ma io non me la sento di farlo. Troppi rischi”. E io madre che deve trovare una soluzione… Cosa devo fare? Non ricordo come, ma veniamo indirizzate ad un importante ospedale del nord Italia. E in una visita che poteva anche avere le stesse risposte delle precedenti scopriamo che si, il problema c’è, è una malattia rara, ma una nuova. Forse è genetica. Poi ci penseremo. Si, si può operare. E sì, lo facciamo. Si, ci sono rischi. Ma alla fine, dove non ci sono rischi? Ma se funziona i benefici sono nettamente superiori. Blocchiamo la crescita della gamba più grande e poi monitoriamo la situazione.

Quindi a 9 anni il primo intervento di epifisiodesi al ginocchio. Ne seguiranno altri 4 nei successivi 6 anni per la correzione delle clips nel ginocchio.

Non dimentichiamoci dei piedi, del problema unghie incarnite con relativi interventi. Trovare scarpe adatte, nei primi anni con rialzi sia dentro che fuori. E trovare un punto d’incontro con le esigenze di un’adolescente e le unghie incarnite o la dismetria può mettere a dura prova la pazienza di qualsiasi madre. Nel mentre la crescita della gamba rallenta molto fino a raggiungere la parità di lunghezza dell’altra.

Nel 2019 ci propongono sempre nello stesso ospedale pediatrico il primo test DNA sul tessuto cutaneo prelevato dalla gamba malata. Possiamo finalmente dare un nome al problema di Noemi. Inizialmente mi chiedo a cosa possa servire, perché intanto i progressi ortopedici avevano comunque dato ottimi risultati. Ma avremmo comunque potuto avere risposte più precise. Proviamoci. Noemi ha una mutazione del gene PIK3CA, riclassificazione nel quadro delle PROS. La sindrome esatta è la Klippel-Trenaunay.

L’iper-accrescimento ovviamente non si limita alla gamba, perché tutta la parte destra del corpo ne è coinvolta. Ma fortunatamente dal bacino in su le differenze di dimensione sono così leggere che sfuggono ad un occhio non clinico.

Non è finita. Noemi ha 15 anni e il bacino finalmente è pari. Invece arriva la notizia di una cura sperimentale che potrebbe far regredire la parte del corpo malata. Anche se di poco, la circonferenza della gamba potrebbe diminuire. Sperimentale, farmaco antitumorale, rischi, benefici. Si fa. Perché no? Sarebbe assurdo rifiutare. Se c’è una possibilità, ce la giochiamo. Se posso così evitarle anche solo un’altra delle tante occhiate del perché della gamba più grande, si fa. E così iniziamo.

Ora siamo in terapia con il farmaco sperimentale. Fiduciose per il futuro.

Seguirà prossimamente ancora un intervento ortopedico per correggere il varo della gamba. Non sarà una passeggiata. Come del resto tutto quello che abbiamo passato. Ma si fa. Si deve fare.

Ottobre 2007, malattia rara, diagnosi sbagliata, nessuna risposta chiara alle nostre domande, nessun contatto con altre famiglie con le stesse problematiche, medici disorientati, paura, sentirsi soli a trovare soluzioni.

Marzo 2023, malattia rara, ma con un nome ben preciso. Medici competenti con le risposte alle nostre domande. Cura sperimentale. Da 3 anni membri dell’Associazione Italiana Macrodattilia e PROS, tanti genitori e famiglie con cui confrontarsi, contatti di Ospedali e medici specifici per la cura della malattia, convegni, aggiornamenti scientifici.”

Mamma Marilena e Noemi 

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