Il contributo di Abbecedario Onlus…
Ne parliamo da tanti anni e ora finalmente siamo qui! Un clima mite e un bel sole primaverile ci accolgono in Mozambico. Fabrizio ed io abbiamo raggiunto Renato a Maputo per iniziare insieme la nostra missione in “Africa nera” dove non sono mai stata.
Le prime immagini impresse nella mente all’arrivo sono le strade del centro città, circondate da basse baracche, da bambini – tanti bambini – che corrono e giocano facendo girare ruote di biciclette con un bastone e da colorati venditori seduti davanti ai loro piccoli banchi ad offrire frutta, verdura e molto altro. Durante il tragitto che ci separa dalla nostra abitazione, presso il Centro Italiano di Cooperazione, Renato, che è già stato qui molte altre volte, ci racconta che fino a 5 anni fa le strade di Maputo erano colme di buche, a formare un vero e proprio percorso ad ostacoli, e invase da immondizia, che invece oggi è raccolta e radunata nella discarica. Questa situazione dapprima ci colpisce positivamente, ma quando comprendiamo che proprio nella discarica vive e si sostenta un’intera comunità rimaniamo stupiti e scioccati.
Paolo, il responsabile del CCS di Maputo, e sua moglie vivono qui da molti anni, conoscono profondamente l’anima di questa terra e della sua popolazione e a poco a poco riescono a trasmetterci spunti di cultura, abitudini e carattere del Paese. In questi momenti comprendo quanto poco avevo capito, nonostante le tante fotografie e i racconti di viaggio degli amici e compagni de L’Abbecedario.
È proprio vero che finché non provi non sai e quando ti sembra di avere capito tutto è tutto ancora molto diverso: i pensieri e le aspettative che avevo alla partenza vengono per molti versi capovolti e approfonditi, in modo costruttivo, giorno per giorno durante tutto il corso del viaggio.
Durante i primi giorni di permanenza in Mozambico visitiamo le spiagge di Marracuene, nei dintorni di Maputo, e tocchiamo con mano l’arrivo del turismo dei “ricchi”, che anche in riserve naturali nazionali patrimonio dell’Unesco possiedono ville meravigliose sulle dune di sabbia di fronte al mare. Visitiamo anche il colorato mercato della Baixa, dove compriamo i batik e alcuni gadget da portare in Italia ed entriamo in contatto con gli abitanti del luogo: persone gaie e solari, intelligenti e disponibili, commercianti abili ed attenti.
Emozionante è il tramonto sull’Oceano Indiano, con il ritorno a riva dei pescatori: gli uomini pescano e le donne separano e vendono il pescato, accumulando sulla sabbia mucchietti di pesce che poi trasferisconoi in bacinelle che trasportano sul capo con disinvoltura. Intanto il buio avanza e il cammino nel paese affollato ha un che di inquietante per noi che siamo abituati alla luce per strada anche di notte… Qui solo la luna e qualche piccolo “baretto” rischiarano l’atmosfera…
Solo quando arriviamo al paese di Antigos Combatentes vedo ciò che forse mi aspettavo: fuori dalle città le persone vivono in villaggi costituiti da capanne di paglia senza luce né acqua. Il pozzo, ove presente, serve la comunità ed è un punto di incontro. Di fronte alle case, le donne cucinano su fuochi improvvisati, cuciono e si curano vicendevolmente, acconciandosi con treccine e chignon, mentre i bambini sorridenti e con occhi
luminosi ti guardano trasmettendoti curiosità, timidezza e quella dolcezza da volerli prendere tutti e stringerli tra le braccia. Alcuni di loro sono scalzi, altri hanno scarpe spaiate e vestiti più piccoli della loro taglia, dai quali si intravede l’addome a volte rigonfio. Proprio in questo villaggio vediamo una delle tante scuole costruite da CCS: è grande, ordinata e ben tenuta e noi speriamo che anche quelle sostenute con il nostro contributo siano così.
Finalmente arriva il giorno di visita alle scuole di Uamatibjana e Ngolhosa, sostenute dal progetto di refezione scolastica de
L’Abbecedario. Prima di partire Paolo ci presenta i componenti dell’ufficio di CCS di Matola, sobborgo di Maputo: sono 8 giovani mozambicani, diretti da Paolo, che gestisce e organizza le attività di ognuno, oltre a supervisionare e scrivere progetti. Con lui ci accompagna anche Andrea, il responsabile Paese del CCS per il Mozambico. È una persona seria e rigorosa che ci dà indicazioni importanti sulla cooperazione: la linea guida è la formazione e il sostegno all’avvio di attività di vario genere, ma che mirino alla sostenibilità, al contrario di prima, quando l’organizzazione era orientata a sostenere attività e bambini senza una mirata funzione educativa. Durante la visita comprendiamo la complessità della situazione socio-economica e l’importanza che l’educazione scolastica, sanitaria e agricola rivestono per bambini e adulti. Arriviamo nella prima scuola all’ora di pranzo: oggi il pasto, cotto nella cucina che abbiamo contribuito a costruire, prevede un buon riso e fagioli, che anche noi mangiamo insieme ai bimbi. I fondi raccolti in Italia garantiscono un pasto al giorno non solo ai bambini, ma anche a cuoche, professori e responsabili scolastici. La nostra attenzione si rivolge anche alla machamba, l’orto scolastico che gli allievi, diretti dai professori, coltivano: sono bravi e producono ortaggi che completano la loro dieta. Infine facciamo una riunione con il direttore, i professori e i responsabili scolastici della cultura, della salute, della cucina. Sono persone semplici e timide, che in alcuni casi parlano solo il loro dialetto. Anche questo per noi “sprovveduti” è stupefacente, ma ci serve ad aprire gli occhi e comprendere…
La visita alla seconda scuola è segnata da un’accoglienza straordinaria, con canti e balli dei bambini e il ringraziamento da parte delle autorità per il nostro impegno per loro: ci rendiamo conto che noi siamo una goccia in mezzo al mare di ciò che ci sarebbe da fare in questo Paese e ognuno di noi sta già pensando nel suo intimo a come poter fare di più… I bambini e le comunità intorno alle nostre scuole stanno relativamente bene, perchè hanno i pozzi, ma nei giorni successivi, ci rendiamo conto di quanto la situazione cambi se manca l’accesso all’acqua.
Due giorni dopo Paolo ci accompagna nelle aree più disagiate della periferia di Maputo: a Moamba, ad esempio, la terra è molto secca, non ci sono pozzi e l’unico fiume vicino è disseminato di coccodrilli, che sono un grave pericolo per la vita di bambini e adulti che necessitano di quell’acqua. Anche qui visitiamo una piccola scuola e il nostro cuore si stringe in una morsa quando sulla via del ritorno, nel tardo pomeriggio, salutiamo le maestre, che abitano isolate in una capanna in mezzo al nulla, senza luce né acqua, madri di due piccoli e splendidi bimbi. Forse proprio dopo il colloquio con queste due donne decidiamo di aiutare loro e la comunità. Qui il 25%dei bambini è orfano di almeno uno dei due genitori: la causa più frequente di morte è l’AIDS, uno dei problemi più difficili da risolvere a livello sanitario, come in tutto il territorio africano.
Nei giorni seguenti ci confrontiamo molto con Paolo ed Andrea per decifrare questa realtà, tradurre i mille stimoli in proposte d’azione e poter riferire ai nostri amici, al ritorno in Italia, le reali necessità della zona.
Di certo questa missione ci ha umanamente fatti crescere, ci ha consentito di capire e in parte trasmettere ciò che abbiamo visto coi nostri occhi e sentito col nostro cuore.
Torniamo a casa più “ricchi” e felici e soprattutto più consapevoli. Non si può stare a guardare immobili senza far nulla questa terra che ha tanto da offrire. Ognuno di noi nel suo piccolo può fare tanto!
Claudia e Fabrizio
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