Testimonianza di Francesca Bandirali

“La mia esperienza con Amici per il Centrafrica è iniziata grazie ad una serie di incontri fortunati, come succede per la maggior parte degli eventi che ti cambiano la vita. Sono venuta a contatto con l’associazione una mattina di fine settembre e quello stesso pomeriggio è arrivata la proposta, del tutto inaspettata, di partire per Bangui un paio di mesi dopo. Ed io, con grande gioia e un pizzico di incoscienza, non mi sono tirata indietro.
Questa è stata la mia prima esperienza in Africa. Una volta uscita dall’aeroporto di ‘Mpoko a Bangui, oltre che dal caldo africano, sono stata subito travolta dagli odori pungenti e dai colori brillanti del Centrafrica. Ho ancora negli occhi la sabbia rossa delle strade di Bangui, una sabbia che ti rimane addosso, sulla pelle e sui vestiti, nonostante i vani tentativi di lavarla via.
Non ero affatto preparata al forte impatto che avrei avuto con una realtà profondamente lontana dalla mia. Ricordo ancora il mio primo viaggio in auto una volta arrivata a Bangui, quando chiesi a Mario, uno degli storici volontari: “Ma quando si arriva in città?” Ero convinta che il lungo mercato e i fatiscenti negozi costruiti in legno fossero parte di un villaggio o al massimo della periferia, non immaginavo di certo che quella fosse la città. Fin da subito, si percepiva una povertà diffusa e dilagante, ma allo stesso tempo ciò che colpiva erano i sorrisi che la gente mi rivolgeva senza alcun apparente motivo e, anzi, nonostante ci fossero mille motivi per non farlo. Loro sorridevano anche con gli occhi e sorridevano di niente, perché niente è quello che hanno.
Il primo sorriso che mi ha accolto all’ingresso del centro “la Joie de Vivre” è stato quello di Andrè, un bimbo di 4 anni che ogni mattina affronta 20 km a piedi per poter andare a scuola ed avere un futuro. Poi, tutte le mattine, col caffè delle 6.30 arrivava Ornella a portarti il buongiorno e il buon umore con un semplice “come stai?” in un italiano quasi perfetto, per farti sentire a casa. Infine, tra una riunione e l’altra, non mancavano mai le corse affannate dei bambini che ti circondavano, ti abbracciavano e ti riempivano il cuore di tenerezza.

Le “missioni” sono state molte: la collaborazione con la società americana “Health Through Walls” mi ha portata a toccare con mano la realtà delle carceri di Ngaraba e Bimbo, dove ho imparato la necessità di sospendere il proprio giudizio, a volte troppo affrettato, e di ascoltare e interpretare le esigenze e i bisogni altrui.
Tra le diverse esperienze, la più affascinante è stata senza dubbio la visita a Ngouma, villaggio nella foresta appena fuori Bangui, dove sono stati avviati progetti sanitari e di formazione scolastica. Mi sono ritrovata quasi in un’altra dimensione, ma allo stesso tempo ho sentito la concretezza della vita semplice e primordiale dei Pigmei.
Al mio rientro in Italia, superato il senso di inadeguatezza immotivata che credo assalga tutti i volontari di ritorno a casa, ho provato una profonda felicità e gratitudine per quanto vissuto. Mi sono resa conto di quanto per me il Centrafrica sia stata un detonatore di emozioni: abituati ad essere “diluiti” emotivamente, ritroviamo quelle passioni, anche le più dure e cruente, che spesso sono attutite dalla frenesia delle nostre vite.
La speranza che coltivo nel cuore è quella di dare un aiuto concreto allo sviluppo di questo Paese : è solamente con l’istruzione che cesseranno, ad esempio, le accuse di stregoneria che riempiono le carceri ed è solamente sviluppando un pensiero critico che le nuove generazioni potranno cambiare le cose. Per questo è necessario combattere l’ignoranza, che è la peggiore delle povertà e che ha conseguenze devastanti.
È questa speranza e l’amore per questo Paese che mi fa sperare in un futuro migliore e che spinge Amici per il Centrafrica a continuare a lavorare, ancora dopo 20 anni, nella bella e travagliata Bangui.”

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