José era un ragazzino che viveva in strada vendendo mandioca e i pochi soldi che guadagnava li dava alla mamma ammalata.
La prima volta che lo vidi indossava pantaloncini così lisi da essere quasi trasparenti e stava lì, in piedi con la testa china e gli occhi bassi.
Suor Antonieta, disperata mi racconta che José aveva modificato la sua carta d’identità: aveva tredici anni ma voleva essere più grande, così il 3 diventò un 7,rendendo il documento non valido. Risultava quindi impossibile iscriversi a scuola e il giorno dopo scadeva il termine per farlo. Rischiava di saltare l’anno e probabilmente anche di abbandonare la scuola.
L’ unica possibilità era di recarsi da Metoro, la sua città, alla anagrafe locale a Pemba, il capoluogo della Provincia di Cabo Delgado. Per tutti i 90 chilometri di viaggio, José non proferì parola: era incassato sul sedile, molto preoccupato.
Ad attenderci all’ufficio una lunga coda. Il tempo stringeva, ma poi la Provvidenza ci diede una mano: un’impiegata prese a cuore il nostro caso e alle tredici, dopo quattro ore, il documento era pronto.
Per pranzo mangiammo pollo alla brace e José ne divoró uno intero. Era la prima volta che mangiava fuori casa e la sua felicità era indescrivibile!
Un giorno vide al mercato Suor Miriam, direttrice dell’asilo Girassol e timoroso le chiese di poter andare all’asilo; nonostante fosse troppo grande Suor Miriam lo invitò lo stesso e i due strinsero un patto che prevedeva qualche lavoretto all’asilo in cambio di una paghetta, cibo e la possibilità di un aiuto scolastico.
Dopo due anni José è un altro ragazzino, più socievole e più sicuro di sé.
A quindici anni, terminato il secondo ciclo scolastico, grazie ad una borsa di studio di SOLE, può frequentare l’istituto alberghiero di Inhassoro. Durante i tre anni studia con impegno e sacrifici, tornando a casa una volta sola. Inhassoro infatti dista 2500 km da Metoro.
Poi, l’anno scorso, mentre siamo lì, un piccolo ristorante di Pemba cerca un cuoco. Lo accompagno, e nel viaggio gli ricordo la grande occasione che ha.
Alla fine il posto è suo!
Da quando ha cominciato a lavorare ci inonda di foto e messaggi dove racconta le sue giornate e a Natale ci invia ringraziamenti e auguri.
Ma la frase più bella che ci rivolge è l’esortazione a non mollare, ad aiutare altri bambini per dargli la possibilità di un futuro migliore.
José è diventato un uomo.
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