“Arriviamo nella regione di Iringa entrando in Tanzania, dopo essere passati dal Malawi. I mezzi della Transafricana alternano pochi tratti di strada asfaltata e percorsi off road. A Iringa incontriamo Suor Sabine, la direttrice, cardiologa. Ci accoglie e ci racconta di come lei sia arrivata a questa struttura poco prima del COVID-19.

La pandemia ha creato grandi problemi nel reperimento del materiale, mentre l’afflusso di persone aumentava ma, nonostante tutto, il centro è cresciuto: nuovi posti letto, giovani medici e infermieri in attività, il supporto della comunità locale ha contribuito a farlo diventare un riferimento per la popolazione.

Questa esperienza ci racconta di una Tanzania che sta vivendo una fortissima siccità e in cui moltissime persone, soprattutto i più poveri, non hanno accesso alle cure, soprattutto perché i presidi sanitari scarseggiano.

Al nostro arrivo ci permette di visitare la struttura, ci mostra gli archivi, scaffali di cartelle e i primi passi verso l’informatizzazione, come effettuano il triage per i pazienti al di sotto dei 5 anni, qualche macchinario non più funzionante e di cui avrebbero bisogno.

Poi incontriamo il suo staff: tutti molto giovani e per lo più donne. Parliamo con loro e ci rendiamo conto che, alla fine, gli obiettivi non sono così diversi dai nostri: ci chiedono sostegno per poter trattare al meglio i pazienti, data la difficoltà nel reperire tutti quei materiali che si consumano velocemente come i guanti e le medicazioni.

Vogliono essere più preparati per poter seguire bene le gravidanze che nel paese rappresentano un tema primario e che, molte volte, per scarsità di mezzi e di accesso alle cure, non sono seguite adeguatamente e generando parti rischiosi sia per la futura mamma che per il neonato.

La sala operatoria rappresenta un altro traguardo da raggiungere: hanno costruito con rigore la sala, ma ora bisogna metterla in moto, deve funzionare. Attrezzature, personale, farmaci. Ci chiedono una mano per formare medici e infermieri a tecniche e procedure nuove, sicure.

Ogni singola richiesta porta con sé una storia e noi abbiamo la consapevolezza che formare e garantire mezzi adeguati è la strada giusta per contribuire al nostro obiettivo: il diritto alla cura.”

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