Ogni onlus ha le sue storie, anche Sale In Zucca che oggi condivide con noi la pagina di diario di una ludoterapista nel reparto di neurochirurgia infantile Pol. A. Gemelli-Roma.
Sofia ed io abbiamo lo stesso braccialetto, io blu e lei viola, come il colore della sua stanza.
E’ sempre uno stravolgimento di programmi questo lavoro. Arrivi carica di cartone, riso e bastoncini progettando un intervento musicale con tanto di costruzione di bastone della pioggia, poi succede qualcosa.
Il braccialetto è viola come la cameretta di Sofia in Ucraina e allora decidiamo di disegnarla.
In un primo momento Sofia non ricorda bene come sia, «non la vedo da tanto» mi dice «allora prova a chiudere gli occhi» rispondo. Mi guarda, chiude gli occhi, si fa seria, poi sorride. Il ricordo è arrivato. Nel frattempo arriva anche la mamma e si siede con noi.
La mia collega per ora non si inserisce, riconosce che s’è creato un piccolo equilibrio. E’ seduta un po’ distante da noi e inizia a suonare la chitarra.
Sofia sceglie tra i viola il più adatto, provandoli uno ad uno su un foglio a parte. Ogni tanto chiede aiuto alla mamma, non ricorda bene, ma lei la incoraggia a scegliere da sola, con dolcezza. E così inizia a disegnare.
Quanti particolari! I disegni sui tappeti, la zanzariera alla finestra con tanto di zanzare imprigionate, la luna e le stelle attaccate alla parete che di notte si illuminano; le decorazioni intorno al letto e la lampada da notte con le principesse che quando è accesa hanno gli occhi aperti e quando è spenta chiusi. Chiusi come gli occhi blu di Sofia che nel disegno dorme nel suo letto.
La mia collega si avvicina, Sofia racconta il suo disegno e continua ad aggiungere dettagli, questa volta abbozzandoli, mentre la mamma crea per lei fiori con nastri colorati e porporina. Ho l’impressione che il modo di disegnare evolva di pari passo con la confidenza. Più giochiamo assieme, meno precisi sono i particolari che aggiunge al disegno e più si apre al dialogo. A scuola in Ucraina aveva un maestro di musica molto severo, ma le manca lo stesso, perché con i compagni cantava una canzone sui girasoli.
«Ce la vuoi insegnare?». Si vergogna ma, nascosta dietro la mamma, chiude gli occhi e fa finta che non ci sia nessuno.
Arriva l’infermiera in sala giochi. Sofia deve scendere per la TAC.
Ci saluta dicendo che quando era a casa sua aveva paura del buio, ma in ospedale no, perché di notte in camera con lei ci sono la sua mamma e Andrea il suo compagnone di stanza di quindici anni.
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