– Ci vediamo per un caffè oggi?

– No, non posso. Vado a lavorare a maglia in un gruppo di Gomitolo Rosa.

– Oh, sì, l’associazione che recupera la lana tosata e inutilizzata per promuovere il lavoro a maglia come strumento anti ansia.

– Proprio quella. In città è attivo il bellissimo progetto “Il Filo che che unisce” che ha come obiettivo la solidarietà sociale. Vieni anche tu?

E fu così che mi ritrovai tra gentili signore che, tra una chiacchiera, un consiglio sui punti ed il ticchettio dei ferri sferruzzavano serene e rilassate.

Nonostante non avessi mai lavorato, tranne che nella lontana infanzia, l’accoglienza mi fece sentire subito a mio agio. Mi fu spiegato l’obiettivo dell’attività che non consisteva in un semplice motivo d’incontro, non era dunque fine a se stessa, bensì ci si ritrovava per creare manufatti da donare ad una Residenza Sanitaria Assistenziale della zona.

Uno scopo che trasformava un hobby in un potente polo di condivisione e solidarietà.

Dopo un’ora di osservazione, mi fu domandato se non volessi provare. E perchè no? Mi furono date alcune indicazioni base che ovviamente dovevo aver custodito da qualche parte nella mente perché, pur con molto impaccio, riuscii ad iniziare.

Il fare e il disfare dei primi momenti non mi disturbarono, né mi spinsero a dichiararmi vinta. L’impulso che mi fece continuare, tra la goffaggine da neofita, gli errori, le maglie sbagliate ed i punti scivolati dai ferri fu lo scopo finale: donare un sorriso a chi in certe occasioni non ha, che raramente, motivo di sorridere.

Gli incontri continuarono e ne divenni una assidua frequentatrice. Lavoravo anche a casa per addestrarmi e migliorare, cercavo tutorial sul web e mi esercitavo.

Alla fine il mio primo manufatto venne alla luce, magari non perfetto, magari un po’ fuori dagli schemi, ma realizzato con il cuore.

Al primo ne seguì un secondo e così via.

Venne il giorno della consegna alla Casa di riposo, una bella struttura dallo stile vittoriano predisposta per accogliere anziani autosufficienti e non.

Le animatrici condussero in una sala comune traboccante di manufatti rosa tante nonnine, chi a piedi, chi in sedia a rotelle, chi con il girello.

Quando tutte ebbero ricevuto il loro manufatto, mi avvicinai ad una signora minuta, seduta su una sedia a rotelle con gli occhi un po’ sperduti, che accarezzava e lisciava la sua copertina senza sosta.

– Non ho mai ricevuto nulla nella mia vita. Ho assistito mio marito malato e nessuno mi ha mai dato nulla. Ora sono qui, sola, che non aspetto più nessuno e voi mi regalate questo…-

Non furono tanto le parole che mi trafissero il cuore quanto lo sguardo, da cui intravidi un soffio di vita farsi strada nella rassegnazione di un futuro ormai tracciato.

Continuerò a lavorare a maglia per contribuire a strappare sorrisi, ad attenuare veli di tristezza, a far fiorire la vita dove la situazione contingente è solo scoscesa salita. Continuerò a lavorare con i ferri la lana di Gomitolo Rosa perché accendere una luce nel cuore di un altro è etica civile e morale, è vita, è speranza.

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