Spesso si parla di magia del teatro, di magia del palcoscenico… beh, nessuno, quanto noi, può dire quanto questa magia sia vera.

Quando ci esprimiamo di corsa, diciamo che facciamo teatro “con i disabili”.

E’ un’affermazione che si avvicina alla realtà, ma non è sicuramente precisa.

Certo, facciamo laboratori teatrali a cui hanno accesso persone portatrici di diversi tipi di disagio (psichico, psicofisico e sociale), ma non esiste di fatto una netta divisione tra chi è “ufficialmente” definito in quel modo e chi non lo è.

La nostra associazione (che si è avvalsa della genialità di Denis Gaita e ora continua nel proprio meraviglioso percorso grazie allo splendido lavoro di Sebastiano Filocamo) ha attraversato diverse fasi e momenti storici e noi scegliamo di parlare di quest’ultimo momento: quello che stiamo ancora vivendo.

Il tutto è iniziato con De Andrè.

Lo amavamo in tanti, all’interno del nostro gruppo, e, nel 2010, siamo riusciti a portare in scena 11 sue canzoni rilette in chiave di denuncia sociale e diritti civili.

Abbiamo debuttato proprio il 18 febbraio (il Faber compiva 70 anni).

In platea, davanti a noi, Dori Ghezzi e Luvi De Andrè.

Nonostante qualcosa fosse andato storto (non sono partiti i video che erano parte integrante del nostro spettacolo, “Ostinati e contrari. La profezia delle onde.”), la serata è stata magica.

Il pubblico, in silenzio fino al dissolvimento nell’aria dell’ultima nota, dell’ultima parola letta fuori scena, è esploso in un applauso entusiasta.

Dori Ghezzi è salita sul palco con noi, ha abbracciato i nostri ragazzi e ha parlato di noi la domenica successiva in un programma televisivo di grande ascolto.

Potrà sembrare ora che il nostro obbiettivo sia il perseguimento di un successo, di una qualche notorietà, e invece no.

Certo, avere un riconoscimento pubblico del genere non può che far piacere, ma a noi premeva il fatto di poter vincere una sfida.

La sfida aveva tante facce a partire dal laboratorio stesso: luogo in cui ognuno di noi (quindi non solo gli “utenti”) doveva fare i conti con i propri limiti, le proprie resistenze e, sì, anche con i propri talenti.

E questo già limava le differenze: una magia!

La seconda sfida era quella di rendere comprensibili per tutti i contenuti delle canzoni di De Andrè anche per chi non ne aveva la minima esperienza.

In quest’ottica si è fatto un gran lavoro teorico che accompagnava quello corporeo del laboratorio.

Infine il palcoscenico, calcato come fanno gli artisti veri, con tempi, spazi e presenze fisiche da tenere a mente e rispettare durante lo svolgimento dello spettacolo: un’altra magia realizzata!

A Roma, due anni dopo, un artista “disabile” che aveva assistito allo spettacolo ci ha detto che ciò che gli era piaciuto di noi era innanzitutto il fatto di non trattare la disabilità con pietismo e inoltre, ammetteva di aver avuto difficoltà nel distinguere i “disabili dai non disabili” tra coloro che stavano in scena.

Questa è la magia che ci porta più soddisfazione!

Così, nonostante le difficoltà che si sono palesate negli anni successivi (difficoltà economiche, logistiche, burocratiche, ecc..), abbiamo deciso, ostinatamente, di continuare: abbiamo lavorato per tre lunghi anni su un nuovo progetto, ancora più complesso e articolato del precedente, ma, come il precedente, centrato sulla denuncia sociale e sui diritti civili.

Abbiamo toccato e analizzato con i ragazzi temi difficili e, purtroppo, attuali, come il femminicidio, l’immigrazione, gli abusi di potere, la solitudine, ecc.

Ne è nata un’altra magia che si chiama “Lottatori – Sguardi sollevano vento”.

E, a proposito di sguardi, è meraviglioso e magico il breve, ma lunghissimo momento che precede l’entrata in scena.

Per un tempo che è difficile valutare, sembra che tutto si fermi: il tempo stesso, l’aria, il respiro, il battito del cuore.

Intanto, intorno tutto va avanti quasi con frenesia. I tecnici ri-controllano tutto, con espressioni concentratissime sul viso.

I ragazzi, invece, aspettano.

Non neghiamo che per noi che abbiamo la presunzione di tirare le fila di questo lavoro, quelli sono attimi di terrore.

Ma poi succede qualcosa di magico (appunto): si cammina in mezzo a loro, che sono pronti dietro le quinte, nelle posizioni assegnate, e li si guarda negli occhi, uno ad uno.

Gli sguardi…

In quei momenti ci si rende conto del piccolo/grande miracolo che avviene ogni volta: “loro” sono concentratissimi e, in più, hanno voglia di portare le loro emozioni sul palcoscenico e da lì farle scendere per incontrare le persone sedute in platea.

Sanno benissimo che tra gli spettatori ci sono anche genitori, fratelli, zii, amici.. e questo li rende responsabili e orgogliosi.

Non sempre sanno, però, che gli spettatori ricevono una consegna precisa: quella di non applaudire fino alla fine dello spettacolo.

Il giornalista Andrea Dispenza ha parlato in un suo articolo proprio di questa consegna definendola come uno strumento utilissimo per vivere sulla propria pelle il senso del limite.

Sì, il limite costituito dal fatto di sentire l’applauso formicolare nelle mani e di non poterlo fa esplodere, quando ci sembrerebbe il momento giusto.
Andrea ha collegato questo limite (che, se vogliamo, è ben poca cosa) ai limiti di chi vorrebbe poter scandire le parole, ma non può, di chi vorrebbe potersi alzare da una sedia a rotelle, ma non può, di chi vorrebbe potersi esprimere senza la catena dei farmaci, ma non può… e così via…

Quindi anche il blocco degli applausi ha fatto entrare il pubblico in una nuova magia e ha contribuito a limare le differenze.

L’anteprima di “Lottatori…” ha stupito gli spettatori per la sua complessità, per la profondità dei suoi contenuti, per le oggettive difficoltà (molto diverse e molto più incisive rispetto agli spettacoli precedenti) e , ancora una volta per l’impossibilità di distinguere, dalla platea, le differenze individuali di chi calcava il palcoscenico.

Insomma, abbiamo dato vita ad un’altra magia e confessiamo che vorremmo poter continuare a realizzarne.
Non ci resta così nel frattempo che rileggere questa breve pagina di diario … torniamo indietro di un paio di mesi …

<< Ieri sera, ore 20.00 - riunione pre-debutto con ultime indicazioni di Sebastiano (Filocamo) La tensione inizia a salire e il gruppo capisce improvvisamente che nel giro di un'ora sarà in scena. Corriamo per risistemare tutto dopo la prova generale. I ragazzi mangiano l'immancabile panino tra una risata e l'altra. Ci avvisano che dobbiamo prepararci. Cala il silenzio: iniziano le corse in bagno! - 5 minuti! panico, palpitazioni, paura, agitazione, nervosismo. Inizio a fare il mio solito giro "occhi negli occhi" e capisco che sono tutti pronti. Mi preparo anche io. Scendiamo e ci posizioniamo dietro le quinte per il primo quadro. Respirazione... improvvisi malori da risolvere ... respirazione ... sguardi in cerca di rassicurazione ... respirazione ... si sente entrare il pubblico ... silenzio ... respirazione ... silenzio ... ci siamo ... silenzio ... respirazione ... concentrazione ... viaaaa!!! La musica e le luci partono e con lei anche noi, di filata una scena dietro l'altra con una concentrazione mai vista in questi tre anni di lavoro. Tra un cambio e l'altro riusciamo anche a scambiarci sorrisi e in quel momento penso che i "miei raga" sono proprio fantastici...e che di strada ne hanno fatta tanta...e ora...chi ci ferma più!!!! Un'ora passa veloce e così arriviamo agli applausi, durante i quali ritrovo già i volti sereni e soddisfatti del gruppo ... saluti .... buffet ... smontaggio ... Ore 2.30 a casa ... distrutta ma soddisfatta ripenso ai momenti più intensi di queste giornate e ringrazio col cuore tutti coloro che ci hanno aiutati. Ora posso dormire tranquilla perchè, come dice sempre Sebastiano, "lo spettacolo c'è!" >>.

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