Parma Per gli Altri è impegnata in vari Paesi in via di sviluppo in progetti di sostegno alle comunità locali perché possano avere una qualità di vita migliore; in particolare in Etiopia ed Eritrea lavora con vari partner istituzionali e con le Suore della Provvidenza, missionarie di Piacenza.
Parma Per gli Altri ONG ha iniziato la sua attività nel 1989 con entusiasmo, delicatezza e con la logica dei piccoli passi, sapendo di entrare in case altrui, in una “terra d’altri”.
“Avevamo solo la volontà di contribuire a sostenere e a migliorare la qualità della vita della gente. Abbiamo lavorato con pazienza, ascoltando le persone; tutte:la popolazione, le Suore nostre partner, le autorità civili dei villaggi e delle municipalità, gli insegnanti delle scuole locali, gli indigenti e gli abbienti, i nostri sponsor grandi e piccoli, chi incontravamo sulla nostra strada. Insieme, lavorando a stretto contatto con chi in quei luoghi vive il quotidiano, abbiamo cercato di conoscere la dignità degli uomini e delle donne che ogni giorno ci trovavamo di fronte.”
Il lavoro di Parma Per gli Altri, in questo lontano pezzo di mondo dove manca l’acqua, la sanità, la scuola è stato quello di promuovere la speranza di una dignità umana concretamente accessibile a tutti, rendendo disponibili le cure sanitarie di base, migliorando l’accesso all’istruzione (con attenzione alle bambine per le quali è precluso …) aumentando la disponibilità di accesso all’acqua, all’elettricità e a progetti di microcredito: senza uno sviluppo di base anche la salute diventa un bene irraggiungibile.
Dopo la costruzione della clinica per il primo aiuto, la costruzione di un presidio per la cura della TBC e la partecipazione di tutto il personale sanitario ai percorsi per le vaccinazioni previste dall’OMS per tutta la popolazione infantile, Parma Per gli Altri ha promosso percorsi di educazione alla salute, attraverso vari progetti quali “Maternità sicura”, in sintonia con quanto proposto dall’UNICEF, per la formazione del personale che assiste le partorienti nei villaggi di Shelallà e Mendida.
In questi luoghi, infatti, sono presenti “levatrici” socialmente riconosciute non collegate ai servizi sanitari governativi né alla clinica. Spesso accadeva che le donne fossero portate alla clinica quando il travaglio era iniziato da molte ore oppure quando la situazione stava precipitando, rendendo difficile l’attuazione di interventi risolutivi e aumentando drasticamente il pericolo per la madre e per il neonato. Attualmente le levatrici partecipano ad incontri periodici di formazione tenuti da personale locale (infermieri e medici), così assistono le partorienti con i metodi tradizionali ma le accompagnano in clinica tempestivamente in caso di necessità. Dopo il parto anche se avvenuto nei tukul dove le donne abitano, le levatrici informano il personale della clinica dell’avvenuta nascita in modo che il neonato sia vaccinato al più presto e la madre abbia le cure più idonee.
“Abbiamo completato il progetto decidendo, con il gruppo di infermieri della clinica, di dedicare ogni settimana una giornata alle gravide, non solo per gli indispensabili controlli sanitari, ma per sostenerle, trasmettendo loro il valore della cura del neonato e la conoscenza dei suoi bisogni, dall’igiene alle vaccinazioni.
Ci vuole tempo per creare fiducia, per cambiare alcune forme di assistenza, per suggerire senza offendere, per incoraggiare senza prevaricare: è un lavoro delicato che richiede competenza e capacità di relazione, rispetto, comprensione e determinazione”.
A Mendida nello stesso progetto, si è inserita l’associazione Modena Per gli Altri: una Casa di Maternità è stata quindi costruita per garantire la permanenza delle gravide bisognose di assistenza continuativa sia nei giorni che precedono il parto che in quelli successivi, fino a quando esse non sono in grado di ripercorrere la strada di ritorno al villaggio.
L’istruzione è un bene primario che non sempre il governo locale può garantire in modo efficace in locali adeguati ai bisogni degli studenti e degli insegnanti; l’associazione costruisce aule in numerosissimi compound del territorio di Shelallà. La collaborazione con la popolazione consente una co-partecipazione al progetto in cui la scuola e i villaggi costruiscono con il legno e la terra le pareti della scuola e Parma Per gli Altri si fa carico dei pavimenti, dei banchi e delle attrezzature e ne garantisce la ristrutturazione dopo i periodi delle piogge. Questo progetto ha consentito lo sviluppo delle scuole e la frequenza di migliaia di bambini.
Le donne africane da sempre svolgono lavori faticosi e importanti per la sussistenza della famiglia, tuttavia non hanno accesso all’istruzione né ad attività remunerative. Parma Per gli Altri ha dato l’avvio a progetti di microcredito rivolti alle donne, finalizzati ad avviare attività lavorative di gruppo nel campo del commercio e dell’artigianato, sviluppando le attitudini e le capacità di ciascuna.
Altre realizzazioni sono orientate allo sviluppo di microimprenditorialità per migliorare l’economia del territorio e coinvolgono gli uomini con il “progetto miele”, per l’introduzione dell’allevamento moderno delle api e dei progetti di agricoltura. Oggi grande sviluppo è dato ai progetti che vedono la valorizzazione di competenze della popolazione e che sono rispettosi della cultura locale quali progetto “filiere agroalimentari” ( apicoltura, cera e orti). Si sono formate cooperative di apicoltori che hanno migliorato la qualità del loro prodotto attraverso formazione con esperti locali e italiani, partner del nostro progetto sono, infatti, Slow Food, CONAPI, MOXA, che forniscono competenze tecniche di alto livello.
Parma Per gli Altri ha anche realizzato alcuni pozzi, avviando la captazione di una fonte naturale di acqua da distribuire, attraverso una pipe-line, a vari gruppi di tukul, lungo la linea, fino al villaggio. Questo progetto ha distribuito acqua ad una popolazione di circa 8000 persone considerando sia l’orografia del terreno sia la distribuzione dei tukul che gli indici di consumo indicati dall’OMS.
“La pipe-line rappresenta anche una idealità: una rete che unisce e rafforza, una rete di persone che collaborano, che si sentono legati da una volontà, da una speranza comune. È una rete che unisce non solo gli abitanti di Shelallà, Mendida, Gorda, Mlado, donne e bambini, uomini in questa lontana regione dell’Etiopia, a 250 Km sud di Addis Abeba, unisce tutti quelli che “ci stanno” unisce anche tutti noi e coloro che ci aiutano, a questa parte di mondo lontano e ferito”.

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